La Spezia -
È attesa per giovedì prossimo una risposta del governo in merito all'interpellanza parlamentare, richiesta dall' onorevole Luana Zanella dei Verdi Italiani (qui sotto trovi il link all'intervista realizzata da Contattoradio), sulla vicenda della nave Jolly Rosso, per verificare l'ipotesi fondata secondo cui sul cargo sarebbero stati imbarcati rifiuti radioattivi. Secondo l'inchiesta pubblicata dal settimanale l'Espresso, la motonave dell'armatore Ignazio Messina avrebbe recuperato, per conto del Governo italiano, circa 2.000 tonnellate di rifiuti radioattivi, in particolar modo uranio, scaricati da un'azienda lombarda a Beirut. La Jolly Rosso arrivò prima alla Spezia all'inizio dell'89, rimanendovi per tre mesi, dopo aver scaricato in tutto 9831 fusti. Di questi 1416 sarebbero in seguito stati stoccati, con autorizzazione della Regione Veneto, in una capannone a Porto Marghera per essere poi bruciati in un inceneritore. Il forno che sarebbe servito allo smaltimento dei rifiuti radioattivi, fa notare l'interpellanza, era un macchinario obsoleto e privo della camera di postcombustione, cosa già all'epoca dei fatti proibita dalle leggi vigenti. Inoltre, in un referto dell'attuale Asl 12 di Venezia, datato 28 febbraio 1990 e rimasto finora segreto, si segnala che, nel corso di alcuni accertamenti, nella condensa dei fumi derivati dalla combustione, erano state trovate tracce di uranio con una concentrazione ben oltre il limite allora fissato per legge. Come recita l'interpellanza “a tutt'oggi non è possibile sapere quale tipo di uranio sia stato smaltito in quella occasione ed in che quantità, se fosse combustibile esaurito dei reattori, oppure uranio impoverito, o ancora combustibile nucleare”. Oltre alla presenza di uranio, nelle rilevazioni è emersa la presenza anche di cobalto e stronzio, sostanze che avrebbero meritato ulteriori approfondimenti. Le vicende legate alla motonave «Jolly Rosso», sono state spesso accomunate all'inchiesta sullo smaltimento di sostanze radioattive che la giornalista Ilaria Alpi e l'operatore Miran Hrovatin, stavano conducendo, prima di venire uccisi nel marzo del 1994: in questo contesto viene nominata più volte anche la città della Spezia, in qualità di importante tappa del traffico illecito di rifiuti con i paesi nordafricani.
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