Si è tenuto oggi lo sciopero dei magistrati e degli avvocati indetto dall'Associazione nazionale magistrati e dall'Unione delle camere penali, per opporsi alla riforma del sistema giudiziario. Diversi i motivi che hanno portato al blocco dei lavori nei tribunali:se gli avvocati sono infatti favorevoli alla separazione della carriere di pubblici ministeri e giudici, e hanno incrociato le braccia proprio per sollecitare l'approvazione in tempi brevi di un nuovo provvedimento, di parere totalmente opposto sono invece i magistrati. Tra i togati l'astensione è stata alta e, a livello nazionale, si è aggirata intorno all'85%: in Liguria hanno incrociato le braccia 206 dei 271 magistrati in servizio, pari al 77%; in Toscana si è astenuto dal lavoro il 75% dei 396 togati della regione.
In una lettera che l'Associazione Nazionale di categoria ha inoltrato lo scorso 15 novembre al Ministro della Giustizia, Roberto Castelli, e al Vice Presidente del Consiglio superiore della magistratura, Virginio Rognoni, i magistrati hanno spiegato le loro ragioni “Siamo consapevoli del fatto che spesso le decisioni arrivano troppo tardi e non sempre i bisogni e le aspettative di giustizia sono soddisfatte. Da anni chiediamo (...) al Governo e al Ministro (...) di fornire i mezzi e le strutture necessarie a rendere il servizio adeguato alle esigenze dei cittadini e agli standard degli altri paesi dell’Unione Europea. Da anni, allo stesso scopo, chiediamo anche interventi di riforma sulle procedure e sui codici.”
Le riforme sono quindi necessarie ma non come le ha progettate il Ministro Castelli, nella sua legge: oltre a contestare la separazione delle carriere infatti i magistrati dicono no ai concorsi a cui dovrebbero continuamente sottoporsi dedicando “buona parte del loro tempo a studiare (...) sottraendo tempo ed energie alla attività di indagine e alla preparazione delle cause”. Un altro punto fortemente contestato è quello sulla libertà della magistratura, come si legge ancora nella lettera dell'Anm “...I magistrati saranno meno liberi, in quanto la loro carriera non dipenderà più dall’organo di autogoverno previsto dalla Costituzione, il Consiglio Superiore della Magistratura, ma, in molti aspetti, dal Ministro e dai vertici della gerarchia interna.”
Una mossa quest'ultima che mina l'indipendenza stessa della categoria poiché, come ha detto il Presidente dell'Anm, Edmondo Bruno Liberati ai microfoni di Contattoradio, getta le basi per “ la collocazione del pubblico ministero nell’orbita del potere politico”