Irak -
Secondo Daunia Pavone, operatrice umanitaria dell'ong italiana Ics, che si trova ad Amman e che dalla Giordania segue e coordina la crisi umanitaria di Falluja è in corso una campagna di disinformazione lanciata il 14 novembre dal ministro della Salute del Governo provvisorio iracheno, Alaeddin Abdul Sahib Adwan, che ha dichiarato infondato l'allarme di una crisi umanitaria a Falluja dopo una settimana di assedio.Ics opera con un gruppo di otto persone coordinate appunto Daunia Pavone distribuendo beni di prima necessità nei villaggi attorno a Falluja e Ramadi. Secondo il racconto di questi operatori ci sono circa 200 mila persone sfollate da Falluja nei villaggi intorno alla città.
Non si hanno notizie di altre 100 mila persone circa anche se si esclude possano essere tutte rimaste dentro Falluja. Le famiglie sfollate hanno lasciato la città in diverse ondate e hanno trovato alloggio prima da parenti e amici, poi in edifici pubblici (le scuole, ad esempio, sono tutte occupate da famiglie di Falluja, quindi non funzionanti come tali). La città è senza corrente elettrica e acqua dal primo giorno dell'attacco via terra (siamo dunque ormai ad una settimana). I villaggi intorno a Falluja, dove si trovano gli sfollati, non sono sempre accessibili, visto che spesso le Forze multinazionali respingono anche ambulanze e convogli umanitari.
Secondo ICS c'è un grande bisogno di rafforzare i centri ospedalieri con medicine e personale sanitario, visto che si tratta di piccole cliniche che curavano una media di 75 pazienti al giorno e oggi ne devono curare 400. C'è bisogno di cibo e di acqua potabile poiché non ci sono più in funzione le pompe per la depurazione, danneggiate dalla guerra. Secondo ICS Falluja è ancora un campo di battaglia con corpi dappertutto. Né il governo iracheno, né le ong , conclude ICS, riescono molto spesso a mettersi in contatto con le persone in fuga. La Mezzaluna Rossa irachena sta tentando di ottenere dalle Forze multinazionali la possibilità di operare, ma per ora senza molto successo. |