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  I poveri della terra pagano la "guerra al terrore"
Secondo l'ultimo Rapporto di Amnesty International, sono i più svantaggiati a pagare il prezzo più alto per le politiche internazionali fatte di guerre "preventive" e cancellazione dei diritti fondamentali dell'uomo
Roma - Il nuovo rapporto annuale di Amnesty International, presentato ieri mattina a Roma, descrive una situazione preoccupante sul piano dei diritti umani nel mondo, sottolineando come siano soprattutto le persone più povere e svantaggiate a pagare il duro prezzo di quella che le grandi potenze hanno chiamato 'guerra al terrore' e che finisce per rovesciare bombe e privazioni su milioni di cittadini innocenti.
Il quadro del 2005, afferma Paolo Pobbiati presidente della sezione italiana dell'associazione, è quello di “un anno pieno di contraddizioni, durante il quale segnali di speranza per i diritti umani sono stati indeboliti dagli inganni e dalle false promesse dei governi che hanno più voce in capitolo. L’agenda della sicurezza, promossa da chi ha potere e privilegio, ha sviato le energie e l’attenzione del mondo dalle gravi crisi dei diritti umani in corso”.

I governi, da soli e collettivamente, hanno paralizzato le istituzioni internazionali, dilapidato risorse pubbliche per perseguire obiettivi di sicurezza limitati e di corto respiro, sacrificato valori in nome della “guerra al terrore” e chiuso gli occhi di fronte a violazioni dei diritti umani su scala massiccia. La conseguenza è che il mondo ha pagato un prezzo elevato, in termini di erosione dei principi fondamentali e di enormi danni arrecati alla vita e al benessere della gente comune.
“Nel 2005, l’Iraq è affondato in un vortice di violenza settaria. È questa la dimostrazione che quando le grandi potenze sono troppo arroganti per rivedere e mutare le proprie strategie, il prezzo più alto viene pagato dai poveri e da chi non ha potere: in questo caso donne, uomini e bambini iracheni” – ha denunciato Pobbiati. “Contemporaneamente, Israele e i Territori Occupati sono scomparsi dall’agenda internazionale: ciò ha acuito l’angoscia e la disperazione della popolazione palestinese, da un lato, e le paure di quella israeliana dall’altro”.

Anche la brutalità e l’intensità degli attacchi dei gruppi armati hanno raggiunto nuovi livelli nel corso del 2005, con un conseguente alto tributo di vite umane.
“Il terrorismo dei gruppi armati è ingiustificabile e inaccettabile. I responsabili devono essere portati di fronte alla giustizia, ma attraverso processi equi e non con la tortura e le detenzioni segrete – ha sottolineato Pobbiati. “Purtroppo, la crescente brutalità di queste azioni in ogni parte del mondo ha rappresentato un ulteriore, amaro monito: la ‘guerra al terrore’ sta fallendo e continuerà a fallire fino a quando non verrà data precedenza ai diritti umani e alla sicurezza umana, anziché a interessi di sicurezza nazionale limitati e di corto respiro”.
L’uso di un doppio linguaggio e di doppi standard, da parte delle grandi potenze, è pericoloso – sostiene l’associazione – perché indebolisce la capacità della comunità internazionale di affrontare gravi crisi dei diritti umani come quelle in Darfur, Cecenia, Colombia, Afghanistan, Iran, Uzbekistan e Corea del Nord. Questo atteggiamento consente agli autori delle violazioni dei diritti umani, in questi e altri paesi, di continuare ad agire in impunità.

"Quando il governo di Londra rimane muto di fronte alla detenzione arbitraria e ai maltrattamenti a Guantánamo, quando gli Usa ignorano la proibizione assoluta di tortura, quando i governi europei tacciono sulle proprie responsabilità in tema di trasferimenti illegali di prigionieri, razzismo e rifugiati, essi pregiudicano la propria autorità morale di difendere i diritti umani nel mondo."
Il rapporto dedica poi un capitolo alla situazione italiana, mettendo in rilievo alcuni importanti nodi irrisolti in tema di violazione dei diritti umani anche nel nostro paese. "I diritti dei rifugiati sono stati minacciati dall’applicazione di una nuova legge sull’immigrazione, dalla mancanza di una legislazione specifica per tutelare i richiedenti asilo e dall’intenzione manifestata dall’Italia di costruire in Libia centri di detenzione per migranti. Nel corso dell’anno, a dispetto del diritto internazionale sui rifugiati, più di 1.425 migranti sono stati espulsi verso la Libia. Sono state comminate condanne detentive con sospensione condizionale della pena nei confronti di funzionari pubblici e personale civile per aggressione e maltrattamenti razzisti avvenuti in un centro di detenzione per migranti. Sono proseguiti i processi a carico di agenti di polizia accusati di aggressione e altri reati compiuti nel 2001 durante manifestazioni svoltesi a Napoli e in occasione del Summit G8 a Genova. L’Italia non ha adottato misure per risolvere il problema dell’impunità all’interno delle forze dell’ordine, quali la creazione di un organismo indipendente per le denunce contro la polizia, l’inserimento del reato di tortura nel codice penale e l’obbligo per gli agenti di indossare chiaramente un qualche segno di identificazione."

di Iris ( da www.amisnet.org )


Ultimo aggiornamento ore 12:34 del 24.05.06 | redazione
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