S.Anna di Stazzema -
Tra applausi e commozione si è concluso il processo per la strage nazifascista di Sant'Anna di Stazzema, iniziato quasi un anno fa, il 28 giugno 2004. Il Giudice del Tribunale militare della Spezia ha deciso di applicare le pene richieste dal Pm Marco De Paolis, che prevedono l'ergastolo per i dieci imputati, accusati e giudicati per il massacro di 560 civili, tra donne, vecchi e bambini, nel 12 agosto del 1944. La tensione è dunque scomparsa sui volti dei familiari delle vittime, che aspettano giustizia da 60 anni. Alcuni sono Parte Civile nel processo, con il loro fardello di atrocità impossibili da dimenticare, neanche dopo un secolo: si riferiamo, ad esempio, alla famiglia Baldassarri, legata da una stretta parentela con la famiglia Menguzzo, i cui sei componenti furono tutti uccisi quel 12 di agosto, compreso il parroco del paese, Fiore Menguzzo, di 28 anni; od ancora ad Alice e Ilde Guadagnucci, la cui sorella di dieci anni fu fucilata nel piazzale della chiesa di Sant'Anna. Il Pubblico Ministero De Paolis, dopo tre anni di ricerche in Italia e all'estero, è riuscito quindi a dimostrare la colpevolezza dei dieci ex SS, precisando più volte quanto risultasse evidente il ruolo avuto dalla 16° divisione Panzergrenadier, definita una vera e propria fanatica organizzazione criminale dedita a suscitare terrore nella popolazione, come dimostrato da numerosi documenti e testimonianze. L'accusa ha dovuto anche evidenziare il grado di responsabilità degli imputati, ritenuti colpevoli anche per le cariche di comando all'epoca detenute, in un momento della guerra nel quale anche ai bassi gradi venivano affidati incarichi decisionali.Oggi il quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung ha scritto che “con le testimonianze degli Ss, gli italiani hanno per la prima volta ottenuto una conferma anche da parte tedesca delle sofferenze da loro patite, anche se manca ancora un'ammissione ufficiale”.“A Stoccarda sono state avviate anni fa indagini su Sant'Anna – continua il redattore di SZ - ma i procuratori indagano senza voglia: anche loro dovrebbero finalmente fare i compiti di casa”. Oggi, in un'intervista al quotidiano “La Stampa”, il professor Lutz Klinkhammer ha invece dichiarato che l'anomalia grave riguarda il buco di silenzio durato 40 anni intorno alle stragi nazifasciste in Italia. La domanda che si pone il professor Klinkhammer è, in effetti, più che legittima: i documenti sulle stragi, infatti, non sono stati ritrovati nell'archivio degli atti dei Tribunali di guerra soppressi o del Tribunale speciale per la difesa dello Stato, bensì a Palazzo Cesi, sede della Procura generale militare, in un armadio rivolto verso la parete, con le porte sigillate e situato in uno stanzino bloccato da un cancello di ferro. A ritrovare casualmente “l'armadio della vergogna” fu, nel 1994, il Procuratore Intelisano, che si trovò davanti 695 Fascicoli ‘archiviati provvisoriamente’, con i nomi dei responsabili delle atrocita’ compiute nei confronti di circa 15 mila italiani. Dopo 6 anni, in data 18 gennaio 2001, la Commissione Giustizia ha deliberato una indagine conoscitiva sull'occultamento dei suddetti documenti. Tra le interviste più illuminanti c'è quella a Paolo Emilio Taviani, già ministro della difesa e ministro dell’interno: l'ex politico ha più volte ricordato il clima da guerra fredda in cui si contestualizzano le archiviazioni, nel pieno di una duplice crisi internazionale nei rapporti tra Est e Ovest, con la guerra di Suez da un lato e la rivolta d’Ungheria dall’altro. A quanto affermato da Taviani possiamo aggiungere la concomitanza dell'ingresso della Repubblica federale nella Nato e la necessità, in generale, di non turbare le relazioni italo-tedesche. Una volta di più, insomma, la storia è passata sopra al dolore lancinante dei suoi protagonisti forzati, consegnando al nuovo millennio il compito di applicare, pienamente, il riconoscimento universale dei crimini di guerra. |